In generale le resine epossidiche forniscono proprietà di alto livello allo stato indurito, tra cui si ricordano: alte caratteristiche meccaniche, basso ritiro allo stampaggio, resistenza agli agenti chimici (acidi, basi, solventi), tenuta in temperatura, bassa costante dielettrica , ottima adesione su metalli e fibre-

Devono il loro nome alla presenza nella molecola di un gruppo “epossidico” molto reattivo, costituito da due atomi di carbonio, legati tra loro e ad un atomo di ossigeno, mantenendosi disponibili ad altri due legami.   Si ottengono normalmente dalla reazione tra un dialcool (come il bisfenolo A) e l’epicloridrina. La polimerizzazione si innesca quando si riesce ad aprire l’anello epossidico, tramite rottura del legame carbonio-ossigeno, a cui possono attaccarsi un altro prodotto o un’altra molecola epoxy.

La suddetta rottura di questo legame avviene attraverso meccanismi estremamente complessi e può attivarsi con l’aggiunta di un catalizzatore che, a seconda della sua natura, fa evolvere l’indurimento in due diversi modi che finiscono col differenziare le caratteristiche dei composti induriti che ne derivano:

  • un primo modo consiste nell’aggiunta di amine terziarie (imidazolo o complessi aminici di BF3) che favoriscono la reazione dei gruppi epoxy tra di loro, dando luogo ad un composto “omopolimero”
  • una seconda via prevede l’aggiunta di acidi organici, anidridi o amine (alifatiche, aromatiche, ecc) che si comportano come veri e propri catalizzatori e reagiscono fortemente con i gruppi epoxy ed entrano a far parte della struttura della molecola indurita, dando luogo ad un composto “co-polimero” le cui proprietà possono variare in funzione del catalizzatore aggiunto.

Una classica resina epossidica viene valutata in base ad alcune caratteristiche essenziali tra cui troviamo:  la viscosità, l’indice epossidico (numero di gruppi epoxy in 100 o 1000 gr.di resina liquida), temperatura di transizione vetrosa, HDT (heat distortion temperature, sotto carico), colorazione Gardner.